La Violenza
La violenza nelle relazioni cosiddette di intimità si manifesta spesso in maniera subdola, nascosta sovente tra le mura domestiche, ritenuta “privata”, relegata, nelle pagine dell’informazione, tra i fatti di cronaca nera, ma le statistiche parlano di percentuali altissime di causa di morte tra le donne, di stragi, in ogni parte del pianeta.
Non sempre si tratta di violenza fisica, spesso non nasce come tale, ma comincia con comportamenti che veicolano ostilità e contrapposizione tra i partner, difficili da riconoscere all’inizio anche perché hanno un andamento ricorrente.
Le testimonianze delle donne vittime e gli studi in merito fanno emergere la complessità del problema, la necessità di tanto coraggio e di tanta forza per uscirne, nonché l’acquisizione di strumenti conoscitivi che aiutino a decodificare comportamenti e sentimenti propri e altrui. Occorre quella cognizione di sé, quella padronanza nella gestione delle proprie emozioni che chi maltratta cerca in ogni modo di scardinare per avere il possesso completo e il controllo costante sulla vittima.
Le spire della violenza
si concretizzano in queste azioni:
*Svalorizzare, con lo scopo di suscitare insicurezza, inadeguatezza, incapacitàper minare l’autostima, il senso di dignità umana, la propria autonomia.
*Isolare, con lo scopo di tenere soggiogata e dipendente la partner aumentando forme di controllo, dalla famiglia di origine, dalla cerchia di amicizie e/o conoscenze.
*Intimidire con lo scopo di mantenere la partner in uno stato di perenne paura attraverso minacce di abbandono, di sottrazione dei figli/e,attraverso quelle che la nostra cultura considera erroneamente “scenate di gelosia”.
*Segregare con lo scopo di tagliare ogni contatto sociale della partner, proibendole di frequentare chiccessia: medico di famiglia, vicini di casa, negozianti abituali…
La ciclicità della violenza
La componente più insidiosa di queste azioni sta nella sua ciclicità, sta nel fatto che a periodi di guerriglia domestica subentrano tregue, riappacificazioni, quelle che gli studi in merito hanno chiamato “lune di miele”, perché cosi vengono percepite dalla vittima e cosi si concretizzano. Alla base di questi meccanismi sta la percezione del partner che la sua donna sia più in gamba di lui, che sappia tenergli testa, che sia intraprendente; può capitare che guadagni uno stipendio superiore al suo. Manca, però, la consapevolezza da parte di lui, di queste dinamiche sotterranee di cui si potrebbe essere orgogliosi, a favore di uno stato di disagio, di fastidio, di minaccia della propria virilità, del proprio primato.
Con queste premesse ogni pretesto serve per accendere bisticci, provocazioni, offese talvolta in un’escaletion che può sovente degenerare in atti concreti di violenza.
Il gesto, allora, prende il posto della parola, che non è più efficace né convincente. Successiva a questa fase subentra una fase di distacco tra le parti in causa, fatta di silenzi: non ci si rivolge più la parola, non ci sono contatti fisici né tantomeno attività sessuale.
La tregua, però dura un tempo limitato, durante il quale lui si compiace con se stesso in quanto lei è diventata remissiva e non interferisce più, mentre lei promette a se stessa che eviterà in futuro di alzare la voce cosi lui non si irriterà. Altermine di questa fase compaiono forme di riappacificazione che possono culminare in inviti a cena, regali, mazzi di fiori, viaggi di piacere e si può arrivare persino a concepire un altro figlio.
Così la convivenza ricomincia col suo andamento collaudato con le sue liturgie fatte di perdono, di giustificazioni, di speranze di un cambiamento che non avverrà mai.